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Il peso dei social nei conflitti del terzo millennio

Si dice che l’Uomo sia il peggior nemico dell’Uomo e, mai come in questi giorni difficili, sembra vero.

Nella notte tra il 23 e il 24 febbraio 2022, tra le 4 e le 5 del mattino (ora italiana), l’operazione militare preannunciata da Vladimir Putin si è concretizzata e, da allora, il baratro. In questo scenario tremendo, che non voglio analizzare dal punto di vista politico perché non mi compete, qual è stato, invece, il ruolo dei social media?

Volodymyr Zelensky, fino a qualche anno fa attore di professione, attraverso poche frasi ad effetto, video elaborati di giorno e di notte divulgati su Telegram, è diventato in pochi giorni un eroe, grazie al suo coraggio e alla sua semplicità. Con maglietta verde militare e telefono a portata di mano, traballante, come accadrebbe a qualsiasi persona comune, si relaziona con grande empatia nascondendo timori paure.

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E, nonostante siano diversi i canali social attraverso cui mostrare vicinanza all’Ucraina, tra cui Instagram, Facebook o Tik Tok (a chi di noi non è capitato di scorrere la home o il feed e di notare post, anche a volte ironici, per sdrammatizzare e rendere meno difficile la situazione?!), è Twitter ad essere diventato uno dei mezzi prediletti per comunicare al popolo.

Sono tantissimi anche i cittadini russi che, grazie a questo social, si sono ribellati alla guerra, mostrando sgomento e dissenso.

Aggiornamenti continui, costanti, quotidiani, per aggiornare e informare. Perché in ogni battaglia non esiste solo una guerra fisica, ma anche della comunicazione e, rispetto al passato, oggi questi mezzi servono per sensibilizzare, per mobilitare, per chiamare alla resistenza o per rivendicare le proprie ragioni.

Pensiamo alla cyber guerra di Anonymous, collettivo di esperti d’informatica che agiscono in maniera coordinata in nome di un codice etico condiviso dai suoi membri: il suo obiettivo? Difendere la libertà d’espressione, attraverso attacchi hacker divenuti ormai simbolo di attivismo e di volontà di tutelare chi, a suo avviso, merita una “punizione”.

Proprio nel corso delle ultime settimane Anonymous si è schierato apertamente a sostegno del popolo ucraino in quella che è stata definita “guerra informatica” al popolo russo. Celebre il video che ha spopolato il 24 febbraio, a poche ore dall’invasione da parte del Presidente Vladimir Putin: da quel momento non solo sono stati sabotati alcuni siti istituzionali russi, tra cui quello del governo e di Gazprom, impedendone l’accesso per diverso tempo, ma sono stati intralciati anche giornali russi.

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Il 5 marzo la Russia ha infine comunicato il blocco di Facebook a cui si aggiungono Twitter e alcune fonti di informazione.

Qualunque sia l’evoluzione di questo terribile conflitto una cosa è certa: la disinformazione esiste, esisterà sempre purtroppo, così come la propagazione di fake news ma, in molti casi, i social network possono essere strumenti veloci e immediati per reperire informazioni. Tutti noi dovremmo consultare e verificare ciò che leggiamo, soprattutto prima di condividere: la storia si scriverà, in questo terzo millennio, in parte, anche grazie ad una comunicazione corretta, quella della verità dei fatti, della solidarietà e dell’unione.

 

Giovanna Fusco
Consulente Marketing e Comunicazione
giovannafusco@ramitalia.it

 

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